Perché non rispettiamo le regole anche quando è obbligatorio?

Più di un metro di distanza. Non ci si può stringere la mano o abbracciare. Vietato creare gruppi o assemblamenti di persone. Cinema, musei e qualsiasi attività chiusi. Il web è tappezzato di foto con l’hashtag #iorestoacasa.

Ma è davvero così?

Sebbene questo hashtag sia diventato virale, ancora tante persone fanno fatica a metterlo in pratica. Come se le regole riguardassero solo alcuni e valessero esclusivamente per qualcun altro.

È chiaro che, da un punto di vista psicologico, la situazione non è facile: entrare nell’ottica di un’epidemia non capita certo (e per fortuna) tutti i giorni! E si sa…l’essere umano fa sempre un po’ fatica ad abituarsi alle novità, soprattutto se improvvise, soprattutto se imposte.

È proprio quest’ultimo concetto che, secondo me, merita un’attenzione particolare.

Perché?

Facciamo un esempio banale: avete mai provato a dire di “no” ad un bambino piccolo? Immagino che vi sarà certamente successo. “Tommaso…non toccare il forno che ti bruci!” e Tommaso si precipita a toccare il forno.

Non è poi tanto diverso da quello che facciamo noi adulti. Non appena Conte ha terminato il discorso, l’esodo dal Nord al Sud ha preso vita con la stessa facilità con cui Tommaso ha toccato il forno bollente.

E siamo rimasti tutti sconcertati, tutti sorpresi, ci siamo arrabbiati, indignati… e nessuno ha compreso il perché di questo gesto apparentemente folle e insensato.

Ma facciamo un discorso più generale.

Come si comporta l’uomo davanti ad una sospensione della normalità?

Inizialmente nega tutto: in primis, la gravità della situazione. E così pensa che tutta questa situazione sia stata ingrandita, che in fin dei conti non bisogna allarmarsi più di tanto, che passerà come passa tutto. E via aperitivi in centro al suono di “Noi non abbiamo paura”. Intanto salgono i contagiati, aumentano i decessi.

Succede poi che le persone fanno fatica a comprendere di dover cambiare il proprio stile di vita perché sono per natura contrarie a tutto ciò che mette in discussione la loro autostima – che sia andare al lavoro, incontrare gli amici o tenersi in forma. Dall’altro, la società del benessere in cui viviamo aggiunge un livello di complessità, perché siamo abituati ad un certo livello di agiatezza, per cui rinunciare ci risulta come una deprivazione estrema. Inaccettabile. E quindi bar aperti, ristoranti aperti. Usiamo le mascherine e andrà tutto bene.

Subito dopo, no, tutto chiuso, non si può uscire più, se non per cose necessarie. L’imposizione esterna e la convivenza “forzata” e h24 con coniugi e figli dentro le quattro mura di casa, può far scaturire rabbia e frustrazione verso la situazione. Si è in ansia per il lavoro, i figli sono sempre più iperattivi e sembra che in casa non ci siano più attività da fare.

A questo punto arriva la negoziazione: si cerca di scendere a patti con se stessi e con la situazione in generale, ma non mancano frasi del tipo “Ah…se fossimo stati più ubbidienti…!” “Dovevamo fare così…” “Eh se ci avessero avvertito prima…”, immaginando scenari alternativi a quello presente. E piano, piano, ci si rassegna all’idea che bisogna avere pazienza ed aspettare che questo periodo passi.

Gli Italiani a che punto sono?

Sembra come se, al momento, posto che non esistono delle fasi consecutive e quelle sopra citate possono essere vissute da chiunque in modo diverso, siamo fermi sulla negoziazione: alcuni escono, altri si spostano da un posto all’altro senza grandi difficoltà.

Puntiamo il dito contro chi ha preso un treno nella notte ed è fuggito senza renderci conto che stiamo facendo la stessa cosa: evitiamo di seguire le regole.

Esiste un termine per definire tutto ciò, ovvero “familismo amorale”, cioè il principio per cui io cerco di salvaguardare me e i miei familiari, fregandomene degli altri e delle conseguenze che le mie azioni possono avere sul resto delle persone.

Come ce lo spieghiamo?

Gli Italiani sono un popolo che, per natura, parla e discute di tutto ciò che capita nel loro Paese e nel resto del mondo.

Quindi, siamo abituati a discutere, parlare, rimuginare, ragionare su un’informazione prima di iniziare a capirla, elaborarla e farla nostra. E questo processo, per noi, è lento.

Abbiamo iniziato lentamente a capire ed accettare ciò che sta succedendo. Accettare sembra un passo ancora non del tutto fatto, ma almeno abbiamo iniziato ad essere più consapevoli.

Cosa succederà nei prossimi giorni?

Non lo sappiamo. Certo è che quanto prima iniziamo ad essere più consapevoli, tanto prima inizieremo a sfruttare questo momento in modo “positivo”.

Siamo sempre iperconnessi: sfruttiamo l’online per fare dei corsi di formazione, per raggiungere virtualmente persone che fanno parte delle nostre vite.

E perché no… questo periodo potrebbe farci riflettere su quanto siamo fortunati ad avere tutto quello che abbiamo, potrebbe farci ragionare su quanto a volte diamo tutto per scontato, su quanto ci blocchiamo davanti a delle semplici difficoltà giornaliere.

E magari ripensiamo a quei rapporti interrotti, a quelle cose dalle quali solitamente scappiamo.

Sfruttiamo la nostra mente a nostro vantaggio: usciamo dalla situazione in cui siamo, rimaniamo fermi, ma viaggiamo.

Stare a casa è un sacrificio fattibile, perché limitato nel tempo. Dipende da te se creare una prigione o un’opportunità.

Possiamo farcela.